È da dieci anni che faccio volontariato. Non sono tanti…ma avendone 28 sembrano un sacco di tempo.
Non quello classico “di soccorso” (ambulanza, disagi, urgenze…) perché ho sempre avuto interesse nei confronti della gestione del gruppo, rapporti umani sul medio-lungo termine e formazione, cose che funzionano meglio in situazioni un po’ più stabili, di progetti duraturi.
L’anno scorso ho deciso di voler essere più indipendente, ed ho iniziato a cercare un lavoro. Il panorama però era desolante a livello di esperienza. Io voglio occuparmi di formazione: fare un lavoro stagionale, di segreteria o uno di ristorazione avrebbe significato lavorare solo per i soldi, che non era il mio obbiettivo.
Ho quindi scoperto il mondo del Servizio Civile: pur essendo più modesto di un lavoro come monte ore, carriera, stipendio, offriva la possibilità di acquisire competenze ed esperienze molto più interessanti per me, ed era uno step graduale fra il mondo della formazione e quello lavorativo.
Per questo ho cercato un progetto collegato a formazione e sviluppo, e quello del Comedor mi ha conquistato. Sono stato preso, insieme a altre due ragazze, ed a dicembre è partito “Costruiamo insieme un mondo più giusto”.
Il progetto è per noi iniziato con un corso di italiano e cultura italiana di livello base per stranieri. Un ambiente particolare, che non conoscevo. Insegnare la propria lingua è molto più complicato del previsto, ma mi ha permesso di scoprire cose su di essa cui non avevo mai pensato. Per poter capire come aiutarli e come facilitarne l’apprendimento, mi sono dovuto mettere dal punto di vista dei ragazzi, delle ragazze, e delle signore della classe, e già che c’ero ho scoperto tante cose anche sulle culture da cui venivano: non avrei mai pensato di incuriosirmi tanto sulla quotidianità in Bangladesh o sulla mitologia del Ghana!
Nelle settimane dopo l’inizio della scuola c’è stato un corso (Lo Zaino del Maestro) che mi ha fornito parecchi strumenti per la didattica dell’italiano per stranieri, e mi ha fornito più fiducia nella mia attività.
Il resto delle attività è stato estremamente variegato: ho tenuto due laboratori interculturali (su più giornate) nelle scuole medie, ho collaborato ad una cena sociale e ho ricevuto delle formazioni su temi di vario genere, dalla storia del servizio civile al Nepal; ho aiutato, sempre riguardo il Nepal, a scrivere e rendicontare un progetto per costruirvi delle aule di una scuola terremotata, e ho aiutato a gestire anche lo storico progetto in Perù. Più tante altre piccole attività quotidiane, che riempivano le giornate in ufficio fra lavoro personale, di gruppo, tè caldi contro l’umido pisano, e commenti sui reciproci pranzi al sacco.
Abbiamo, tutti e tre, iniziato i preparativi per Solidarista, la bellissima festa che segna dal 2002 l’inizio dell’estate per El Comedor. Contattato associazioni, stilato un progetto, iniziato a pensare a quali musicisti, compagnie teatrali chiamare, la macchina organizzativa era ormai avviata.
Poi è arrivata la pandemia.
Prima è stata chiusa la scuola di italiano; poi annullati i laboratori; alla fine, anche noi siamo rimasti a casa. Dal 10 marzo il nostro servizio è stato sospeso. Una decisione che non abbiamo molto apprezzato, perché tanto, ormai, il lavoro fattibile era tutto da computer, e potevamo svolgerlo dalle nostre abitazioni quanto da un ufficio. L’abbiamo chiesto più volte ai referenti regionali, ma solo a inizio maggio siamo stati autorizzati al telelavoro.
Solidarista si è trasformata in SolidariSta a Casa, abbiamo provato a riavviare in modalità telematica le lezioni interrotte, ma due mesi di stop e la distanza pesano, solo alcuni studenti hanno ripreso.
I progetti in Perù e Nepal, e la loro gestione, continuano; anche la nostra formazione è stata portata a termine, e prosegue l’organizzazione di questo SolidariSta, meno entusiasmante di una festa in piazza ma più urgente del solito; un’altra edizione dello Zaino del Maestro, incentrata sulla tele-didattica, è ripresa…
Ma è una cosa diversa dai laboratori in classe, dai dialoghi in italiano semplificato con lavoratori, studenti, madri e padri che vogliono integrarsi a Pisa, dallo stimolante lavoro in ufficio fra battute e idee colle mie colleghe e la mia responsabile.
È un anno difficile ed è una sfida che nessun volontario del Servizio Civile ha dovuto affrontare prima della nostra “leva”. Però questo disastro ha fatto capire a tanti quanto le associazioni siano importanti in questo Paese, ed è un’occasione per farci apprezzare di più: spero di poter riprendere quanto prima in sicurezza le nostre attività di contatto e incontro, che penso siano la vera caratteristica che mi ha conquistato nei mesi passati, e di poter sfruttare fino in fondo le esperienze che El Comedor Giordano Liva ci ha offerto.