Cercheremo oggi di approfondire il discorso, già avviato nel precedente articolo, sul luogo comune secondo cui gli immigrati ci rubano il lavoro e fanno abbassare i nostri salari.
Un’ampia letteratura scientifica ha già da tempo in realtà dimostrato che gli immigrati non creano un danno agli operai locali, dal momento che svolgono lavori che la stragrande maggioranza di questi non vogliono più fare, a parte alcune frange con bassissima o nulla qualificazione professionale.
Non a caso Vincenzo Boccia, il presidente dell’Unione Industriale, ha chiesto che il Governo proceda ad un maggior numero di regolarizzazioni: in alcuni settori, infatti, senza gli immigrati si rischia di fermare la produzione.
E Tito Boeri ex Presidente Inps, qualche mese fa notava che i contributi pagati dagli operai immigrati sono fondamentali per pagare una serie di servizi anche agli italiani.
Eppure la presenza dei migranti continua a generare paura ed insicurezza.
Possiamo dire che queste sensazioni sono totalmente prive di fondamento?
Certamente No.
Ma la causa reale di questa “minaccia” non è la “concorrenza sleale” sul piano lavorativo, è piuttosto la formazione di veri e propri ghetti dove si concentrano la maggior parte degli immigrati, la loro mancata integrazione e la microcriminalità che essa inevitabilmente genera.
Su questo problema reale, che potrebbe essere risolto attraverso efficaci politiche di inclusione sociale, un’abile propaganda ha costruito un’ostilità e spesso un odio immotivati anche su altri versanti.
Lo ripetiamo ancora una volta: se tanti italiani non trovano lavoro e tanti giovani sono costretti ad andare all’estero non è per colpa degli immigrati, ma per il nostro modello di sviluppo caratterizzato da pochi investimenti nell’innovazione, nella ricerca, nelle nuove tecnologie.
In conclusione non sono gli immigrati a spingere i giovani ad andare all’estero, semplicemente perché, come detto sopra, c’è una bassissima sostituibilità fra il lavoro degli uni e degli altri.
Anche secondo studi condotti dalla Banca d’Italia non c’è nessun “effetto spiazzamento” degli stranieri sul lavoro degli italiani.
Si potrebbe però obiettare che se gli italiani non vogliono più lavorare in certi settori è proprio perchè la massiccia presenza in essi di lavoratori stranieri che si accontentano di salari da fame ha provocato un progressivo abbassamento delle retribuzioni ; e si potrebbe forse avanzare il dubbio che il Presidente dell’Unione Industriali voglia più immigrati da inserire anche in altri comparti proprio per pagare meno gli operai italiani.
Secondo molti studi economici non è affatto vero che l’impiego di lavoratori stranieri abbia fatto abbassare il livello dei salari di quelli italiani, per cui ancora una volta ci troveremmo di fronte ad una deformazione della realtà ad uso esclusivamente politico: ovvero canalizzare verso l’altro, verso il diverso, un disagio sociale dovuto a cause tutte interne al nostro sistema
economico e all’incapacità della classe politica di gestirne le contraddizioni.
Rimandiamo comunque ad un prossimo articolo l’analisi di quelle ricerche che hanno sfatato il mito di un abbassamento delle retribuzioni dovuto alla concorrenza degli immigrati.