La crisi politica in Perù ha origini piuttosto remote e solitamente una prima fase si fa risalire al periodo di instabilità iniziato durante il governo di Pedro Pablo Kuczynski nel dicembre 2016 e proseguito durante il mandato dei suoi successori. La caratteristica fondamentale di questa crisi è lo scontro costante del potere esecutivo con le forze politiche di opposizione al Congresso, la polarizzazione della cittadinanza e il malcontento generale nella popolazione.
Le origini della crisi risalgono proprio ai risultati delle elezioni del 2016, che vedono Kuczynski vincere di misura su Keiko Fujimori. Nonostante questa vittoria, il nuovo governo non riesce a ottenere la maggioranza in parlamento, composto in gran parte da membri del partito di Fujimori. Il confronto di poteri con il passare del tempo non fa altro che aggravarsi, nonostante dal punto di vista ideologico non ci fossero grandissime differenze. Compravendita di voti, corruzione, conflitto di interessi, riciclaggio di denaro, voto di scambio e impeachment sono una costante della crisi, durante la quale sono anche venuti a galla numerosi scandali.
Una seconda fase della crisi si apre con le elezioni del luglio 2021, che vedono Pedro Castillo vincere di misura su Keiko Fujimori, che rifiuta di accettare i risultati e afferma la presenza di gravi brogli elettorali. Anche in questo caso il nuovo governo non ottiene la maggioranza in parlamento. A differenza della crisi precedente, la questione ideologica è al centro degli scontri, così come la corruzione del governo. È stata descritta come una crisi morale, sistemica, politica, di rappresentanza e di governabilità.
E giungiamo così al 7 dicembre 2022, giorno in cui il presidente Pedro Castillo viene rimosso dal suo incarico poco dopo aver tentato di sciogliere il Congresso. Il presidente peruviano aveva tenuto un discorso in cui aveva affermato di voler istaurare un governo di emergenza per ristabilire la legge e la democrazia. Poco dopo il suo annuncio, alcuni membri del governo si sono dimessi e le forze armate hanno diffuso un comunicato in cui sostenevano che Castillo non aveva l’autorità per sciogliere il Congresso. Anche Francisco Morales, a capo della Corte costituzionale peruviana, ha definito la mossa di Castillo un progetto di colpo di Stato. Poche ore dopo, il Congresso ha messo in stato di accusa Castillo e ha votato per rimuoverlo dal suo incarico. Castillo è stato portato in carcere, dove è tutt’ora detenuto.
La presidenza Castillo stava attraversando da tempo una grave crisi politica e le proteste di massa contro tale governo erano iniziate nel marzo 2022 e ad aprile era stato dichiarato lo stato di emergenza in tutto il Paese. Centinaia di camionisti e lavoratori agricoli avevano bloccato le strade in tutto il paese per più di una settimana per via del drastico aumento dei prezzi di molti beni. Il voto del Congresso era in realtà il terzo tentativo (il primo del novembre 2021, il secondo del marzo 2022) di rimuovere Castillo per via di accuse di corruzione e instabilità del suo governo e per le intense proteste nel paese contro di lui.
L’8 dicembre l’ex vicepresidente Dina Boluarte giura come nuova presidente del Perù. È la prima donna nella storia del Perù a svolgere l’incarico. Dallo stesso giorno centinaia di persone hanno manifestato sia nella capitale Lima che in altre zone del paese. I manifestanti chiedono la liberazione dell’ex presidente Pedro Castillo, le dimissioni della nuova presidente e la convocazione di nuove elezioni. Le proteste sono state particolarmente partecipate nelle aree rurali e nel sud, dove Castillo ha sempre avuto buoni consensi. Domenica 11 dicembre a Lima le forze dell’ordine sono intervenute per disperdere alcune centinaia di manifestanti con gas lacrimogeno; nelle proteste sono state ferite almeno 20 persone. Dal 15 dicembre è stato indetto in Perù lo stato di emergenza di 30 giorni.
Le proteste si sono momentaneamente interrotte durante le feste di Natale e Capodanno, per poi riprendere a inizio gennaio in diverse città del paese. È stato anche indetto uno sciopero a tempo indeterminato. I manifestanti hanno bloccato strade, con vari problemi anche nel trasporto di beni alimentari. A Chucuito, nel sud del paese, i manifestanti hanno bloccato un’autostrada. Nella nostra Juliaca hanno invece cercato di prendere il controllo dell’aeroporto. Gli scontri più violenti si sono verificati proprio a Juliaca, dove sono state uccise 18 persone, tra cui un minorenne: sono state avviate alcune indagini per capire se la polizia abbia agito con violenza sproporzionata ed eccessiva. Con le 18 persone morte a Juliaca negli scontri fra manifestanti antigovernativi e le forze dell'ordine (tra le vittime anche un poliziotto), è salito a 45 il numero dei morti e sono centinaia i feriti causati dalle violenze scatenate in Perù dalla destituzione di Castillo.
L’11 gennaio la titolare della Procura della Repubblica del Perù, Patricia Benavides, ha reso noto di aver aperto una procedura nei confronti della presidente Boluarte per l’azione repressiva del governo e delle forze dell'ordine. Si tratta della seconda procedura della Procura nei confronti del capo dello Stato, legata alle proteste in corso e alle numerose vittime. La prima procedura non riguardava solo Boluarte, ma anche il ministro dell'Interno César Cervantes, e il primo ministro Alberto Otárola. L'indagine riguarda i presunti crimini di genocidio, omicidio e lesioni gravi, commessi durante le manifestazioni del dicembre 2022 e del gennaio 2023 ad Apurímac, La Libertad, Puno, Junín, Arequipa e Ayacucho.
Fonti: Il Post, Al Jazeera, Rai News, NPR, Internazionale, El País.