PARAGRAFO I: La voce dei cittadinə e degli attivistə
La società civile è composta dai cittadinə, organizzazioni non governative, comunità locali e altre entità al di fuori del governo e del settore privato. È proprio il suo essere al di fuori del governo e del settore privato, una voce collettiva e immersiva nel territorio, che la rende una chiave di lettura fondamentale della lotta alla crisi climatica. Nel concreto la società civile,così come gli attivistə, hanno la funzione di aumentare la consapevolezza del singolo con campagne di sensibilizzazione, mobilitazioni e svolge anche un fondamentale ruolo di advocacy e pressione politica per maggiore trasparenza e azione. Ma ciò nonostante le ONG e le società civili svolgono un ruolo limitato nell’ambito più strettamente politico e di formulazione di strategie, infatti, non è mai stato concretamente creato un quadro di riferimento per coinvolgere queste entità attivamente nelle politiche e nella definizione delle risorse. Nel COP27 che si è aperto il 15 novembre 2022, dal titolo «Dialogo sul ruolo della società civile nella prevenzione e nella risposta ai disastri causati dai cambiamenti climatici» si è parlato appunto di questo: inserire le popolazioni colpite dai cambiamenti climatici in maniera maggiore nei disegni di legge e nella ricerca delle risorse; oltre che lavorare di più sulla prevenzione del problema. Ma entriamo nel vivo della questione con qualche esempio in cui la società civile ha attivamente reagito al governo e alle sue continue disattenzioni agli interessi della società. Un esempio calzante è quello della popolazione indigena Wet’suwet’en che vive nella parte occidentale del Canada. Il Canada ha subito negli anni un’impennata di incendi e infestazioni di coleotteri che uccidono i pini. Ed è proprio per questo che nel 2020, la comunità indigena Wet’suwet’en ha fatto causa al tribunale canadese chiedendo di intensificare gli sforzi per ridurre le emissioni di gas serra e di collaborare con le comunità minori per la lotta al cambiamento climatico. Il tribunale canadese si è impegnato a ridurre le emissioni di gas serra seguendo gli obiettivi dell’agenda 2030. Secondo un recente rapporto dell’UNEP, alla fine del 2022 sono state intentate oltre 2.100 cause giudiziarie legate al cambiamento climatico, più del doppio rispetto al 2017. L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione per la prosperità di persone e ambiente sottoscritto nel settembre del 2015 da 193 paesi membri dell’UE. Essa ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile in un grande programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ o traguardi. L’avvio è coinciso con il 2016 e l’impegno a raggiungere questi obiettivi è stato fissato nel 2030.
In particolare l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile n.13 (SDG 13) è specificamente incentrato sull’azione per il clima. L’obiettivo del SDG 13 è «Adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e i suoi impatti», con sottopunti che includono la promozione di azioni per mitigare l’aumento delle emissioni di gas serra, l’adattamento ai cambiamenti climatici e l’aumento della resilienza delle comunità. L’Agenda 2030 sottolinea la necessità di un’azione congiunta da parte di tutti i paesi, indipendentemente dal loro livello di sviluppo, per affrontare la crisi climatica. Questo richiede la collaborazione tra governi, settore privato, società civile e cittadinə. La necessità di un’azione congiunta ha fatto sì che i governi riconoscessero il ruolo della società civile, delle ONG, del settore privato e dei cittadinə nell’affrontare la crisi climatica. Non meno forte è la voce di Greta Thunberg, la ragazza svedese,che da anni protesta e fa scioperare i giovani di tutto il mondo contro il cambiamento climatico. Parla da sempre di crisi climatica e di come questo tema l’abbia cambiata nel profondo. Di come anche lei abbia percepito il cambiamento climatico come un trauma e che la prospettiva ambientale che ci veniva fornita dai governi non fosse sufficiente. «Voi avete rubato i miei sogni, la mia infanzia, con le vostre parole vuote, e io sono tra i più fortunati. La gente soffre. La gente muore. Interi ecosistemi stanno collassando. Siamo all’inizio di un’estinzione di massa, e tutto ciò di cui potete discutere sono i soldi, e le favole di una eterna crescita economica. Come vi azzardate!» , così esordì al discorso di apertura del Climate Action Summit nell’Assemblea Generale dell’ONU. Il problema è spesso la risposta dei governi a questi gridi d’aiuto, che vede gli attivisti di tutto il mondo spesso coinvoltə in azioni repressive che possono avere un impatto significativo sulla promozione dei diritti umani, dell’ambiente e di altre cause sociali. Le Ong e gli attivisti svolgono un ruolo fondamentale nel sollevare questioni importanti, promuovere il cambiamento sociale e proteggere l’ambiente e questo spesso provoca attriti con gli Stati e con chi non è interessato al cambiamento. Gli attivisti possono essere arrestatə e detenutə dalle autorità governative, spesso su accuse di «agitazione» o «sovversione». Queste detenzioni possono durare per un breve periodo o protrarsi per lungo tempo, mettendo a rischio la libertà personale degli attivisti. La stessa Greta Thunberg è stata arrestatə dalla polizia tedesca durante la protesta contro l’allargamento della miniera di lignite a Lutzerath, in Germania. Ricordiamo anche María do Socorro Silva, minacciata più volte per aver difeso il proprio territorio dalle raffinerie che sorgono. «La sua casa si trova nello stato di Parà, in Brasile – il Paese più pericoloso per i difensori dell’ambiente – che ha visto l’uccisione di 57 defenders, due dei quali suoi amici». In alcune parti del mondo le donne subiscono maggiormente gli effetti dei cambiamenti climatici. Nella lotta alle problematiche ambientali le troviamo spesso in prima linea nella difesa delle risorse naturali e della loro comunità e spesso sono più vulnerabili a repressioni da parte di Stati e governi. Sono attive nella protezione dell’ambiente, nella gestione delle risorse naturali e nella lotta contro l’inquinamento e i cambiamenti climatici. L’ecofemminismo, fondato nel 1974 dalla studiosa francese Françoise d’Eaubonne, cerca di affrontare sia le questioni legate all’uguaglianza di genere che quelle ambientali, promuovendo l’idea che la liberazione delle donne e la protezione dell’ambiente siano obiettivi interconnessi. In breve, l’ecofemminismo aspira a creare una società più equa e sostenibile attraverso una prospettiva intersezione tra questioni di genere e ambientali. Il tema della repressione politica ambientale e l’attivismo ecologico femminile sono strettamente connessi in quanto entrambi affrontano le sfide legate alla difesa dell’ambiente e dei diritti umani, con un focus particolare sul ruolo delle donne in questa lotta. Le donne che si impegnano nell’attivismo ecologico possono affrontare sfide specifiche, come la discriminazione di genere, la violenza di genere e l’accesso limitato alle risorse e al potere decisionale. Queste sfide possono essere amplificate quando le donne si oppongono a progetti industriali dannosi per l’ambiente o alle politiche governative che favoriscono lo sfruttamento delle risorse.
Le persone che si impegnano nell’attivismo ecologico possono affrontare sfide specifiche, come la discriminazione di genere, la violenza di genere e l’accesso limitato alle risorse e al potere decisionale. Queste sfide possono essere amplificate quando le persone si oppongono a progetti industriali dannosi per l’ambiente o alle politiche governative che favoriscono lo sfruttamento delle risorse. L’imprenditrice, scienziata e borsista TED Rumaitha Al Busaidi , ci racconta che la percezione che la società ha della persona, emotiva e debole, la rilega spesso a ruoli domestici e non le dà possibilità di esprimersi e puntare ad avere la carriera che vuole. Nel 2020 le persone hanno costruito il 40% della forza lavoro globale e favorire il loro accesso all’istruzione, alla pianificazione dei compiti familiari, fa sì che le persone abbiano prospettive di vita migliori sia per loro, che per la loro famiglia e per la comunità di cui fanno parte. La scienziata Rumaitha ha fondato un progetto «WomenX», un progetto che consente alle persone di essere in prima linea nella battaglia contro il cambiamento climatico, attraverso la loro istruzione e consapevolezza alla leadership. Fondamentale nel trattare questo tema l’associazione Project Drawdown, nata nel 2013 da un’alleanza di scienziati, imprenditori, ricercatori, ONG, aziende e ambientalisti di tutto il mondo, si è impegnata nella ricerca scientifica per valutare soluzioni climatiche, pratiche e tecnologie da mettere in atto per arginare le emissioni di gas serra nella nostra atmosfera. Le strategie contro il climate change sono ordinate in base alla loro riduzione totale di CO2 (in Gigatone) e tra le prime sei troviamo: favorire l’istruzione femminile. L’istruzione svolge un ruolo fondamentale nella lotta alla crisi climatica e nell’adozione di misure efficaci per affrontare questo problema globale. L’istruzione fornisce alle persone le competenze necessarie per assumere ruoli di leadership nella difesa dell’ambiente. Possono diventare portavoce, attiviste e leader di movimenti climatici, influenzando le politiche e promuovendo azioni concrete. All’interno della società civile attuale, ci si aspetta sempre di più che il singolo assuma comportamenti improntati sul rispetto dell’ambiente e su scelte di vita appropriate e rispettose, ma non sempre accade, spesso perché i principali mezzi di comunicazione plasmano idee errate nell’immaginario comune. È vero che spesso i media e i principali mezzi di comunicazione non riescono a dare la giusta rilevanza al tema della crisi ambientale o a rappresentarlo in modo accurato. I media tendono a concentrarsi su notizie sensazionali e ad alto impatto che attirano l’attenzione del pubblico. La crisi climatica può essere vista come un problema lento e graduale, il che la rende meno attraente rispetto ad eventi immediati e drammatici.
La storia dell’attivismo ambientale è ricca e complessa e di certo non è qualcosa di nuovo, ma è solo da poco che sta prendendo piede in modo più marcato. Prima degli anni ‘60 e ‘70 vi erano dei movimenti che sostenevano la necessità di creare dei parchi nazionali, come quello di Yellowstone, nel 1872, che segnarono l’inizio dell’interesse per la protezione delle risorse naturali.
Gli anni ’60 e ’70 furono un periodo di crescente consapevolezza ambientale. Il 1970 vide la celebrazione del primo Earth Day, che segnò l’inizio di un movimento di massa per la protezione dell’ambiente.
L’Earth Day fu creato dal senatore degli Stati Uniti Gaylord Nelson, che voleva sensibilizzare l’opinione pubblica e il governo riguardo alle gravi preoccupazioni ambientali che affliggevano il paese. L’idea di Nelson era di organizzare una manifestazione nazionale per mettere in primo piano le questioni ambientali e chiedere azioni concrete per affrontarle. Il primo Earth Day fu un grande successo, coinvolgendo milioni di persone in tutto il paese. Sono state organizzate manifestazioni, proteste, pulizie di parchi e spiagge e altre attività legate all’ambiente. L’Earth Day contribuì direttamente alla creazione dell’Environmental Protection Agency (EPA), l’agenzia federale incaricata di regolamentare e proteggere l’ambiente negli Stati Uniti e alla promulgazione di importanti leggi ambientali, tra cui il Clean Air Act, il Clean Water Act e il National Environmental Policy Act, che rappresentarono passi significativi nella regolamentazione e nella tutela dell’ambiente.Da allora, l’Earth Day è diventato un appuntamento annuale globale, celebrato in tutto il mondo il 22 aprile di ogni anno.
Sono questi gli anni in cui sorgono organizzazioni ambientaliste come Greenpeace (1971) e Friends of the Earth (1969), impegnate in azioni dirette per la tutela dell’ambiente. Assume molta importanza, a livello internazionale, la Conferenza delle Nazioni Unite del 1972 sull’Ambiente Umano a Stoccolma, che sottolineò la necessità di una cooperazione globale per affrontare le sfide ambientali.
Tra la fine degli anni 90 e gli inizi degli anni 2000 troviamo il movimento “No Global,” noto anche come movimento contro la globalizzazione, un ampio e eterogeneo insieme di proteste, manifestazioni e mobilitazioni sociali. Il movimento No Global ha criticato le politiche economiche neoliberiste e la globalizzazione, sostenendo che queste promuovessero l’ingiustizia economica, lo sfruttamento delle risorse naturali e la disuguaglianza globale. I manifestanti ritengono che le istituzioni finanziarie internazionali e le grandi multinazionali esercitasse un eccessivo potere e influenza sulle decisioni economiche mondiali.Il movimento No Global è stato caratterizzato dalla sua natura internazionale e dalla sua capacità di unire attivisti da diverse parti del mondo. Il movimento No Global è stato uno dei primi a utilizzare ampiamente Internet e le nuove tecnologie per coordinare le proprie azioni, condividere informazioni e mobilitare attivisti in tutto il mondo.
Si arriva quindi ad un attivismo di nuova generazione, un gruppo eterogeneo di individui, spesso giovani, che si impegnano attivamente in diverse cause sociali, ambientali e politiche utilizzando nuove tecnologie e approcci innovativi. Questi attivisti stanno dando un contributo significativo alle lotte per i diritti umani, la giustizia sociale, la protezione dell’ambiente e altre questioni importanti.
Gli attivisti di ultima generazione sfruttano ampiamente le piattaforme digitali e i social media per diffondere informazioni, organizzare proteste e mobilitare l’opinione pubblica. Usano strumenti come Twitter, Facebook, Instagram e TikTok per raggiungere un vasto pubblico e sensibilizzare sulle questioni che li preoccupano. Gli attivisti di ultima generazione spesso si identificano con movimenti sociali specifici, come il movimento per il clima (Greta Thunberg e Fridays for Future), il movimento Black Lives Matter (BLM), il movimento #MeToo e altri.
Per portare avanti le loro battaglie, questi attivisti utilizzano diverse modalità: attivita’ di crowdfunding,professionisti che svolgono pro bono le loro attivita’ e tanta formazione. Molti giovani attivisti si sono impegnati anche in politica, cercando di influenzare il cambiamento attraverso il coinvolgimento in partiti politici o candidature indipendenti. La lotta contro il cambiamento climatico è stata una delle principali cause sostenute dagli attivisti di ultima generazione. Organizzazioni come Extinction Rebellion e Sunrise Movement hanno giocato un ruolo significativo nell’attirare l’attenzione sul clima.
Il movimento “No TAV” è un esempio importante di attivismo ambientale e sociale in Italia. “No TAV” sta per “No Treno ad Alta Velocità,” e il movimento si è formato per opporsi alla costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità (TAV) tra Torino e Lione, in Francia, attraverso la Valle di Susa, una regione montagnosa nel nord-ovest dell’Italia. Uno dei principali argomenti del movimento “No TAV” è l’impatto ambientale della costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità attraverso una zona naturalmente sensibile. Il progetto avrebbe richiesto la perforazione di tunnel, lo spostamento di terreni e la potenziale distruzione di habitat naturali, suscitando preoccupazioni per l’ecosistema locale. Gli attivisti hanno organizzato marce, blocchi stradali, e occupazioni nonviolente dei siti di costruzione per esprimere le loro preoccupazioni e attirare l’attenzione sulla questione.
Ricordiamo anche il popolo Mapuche, originario delle regioni dell’Argentina e del Cile, è noto per il suo attivismo ambientale e la sua lotta per la difesa delle terre ancestrali e dell’ambiente. “Il nome deriva da che, “gente”, e mapu, “terra”, ossia “gente della terra”. Il popolo si è opposto a progetti industriali come l’industria forestale, l’agricoltura intensiva e le operazioni minerarie che danneggiano l’ambiente naturale e mettono a rischio le risorse idriche e la biodiversità. Molte comunità Mapuche sono impegnate nella conservazione delle risorse naturali attraverso pratiche agricole sostenibili, la gestione forestale responsabile e la promozione di un uso sostenibile delle risorse idriche. Il popolo Mapuche rappresenta un esempio di come la lotta per la difesa dell’ambiente può essere profondamente radicata nella cultura e nelle tradizioni di una comunità.
L’attivismo ambientale e sociale spesso affronta temi scomodi che riguardano questioni complesse e controversie. Come abbiamo già detto prima gli attivisti spesso sono soggetti a repressioni da parte dei Governi e molto spesso la risposta che questi danno è violenta. Ricordiamo la riunione del G8 a Genova, Italia, nel luglio 2001. La repressione contro gli attivisti è stata oggetto di critica e preoccupazione da parte di organizzazioni per i diritti umani e della società civile. Questi scontri, che hanno visto feriti da una parte e dall’altra, sono culminati nella morte di Carlo Giuliani, un giovane manifestante, ucciso da un colpo d’arma da fuoco sparato da un carabiniere. Durante e dopo i violenti scontri, la polizia ha effettuato numerosi arresti e detenzioni di manifestanti. Molti manifestanti sono stati accusati di reati come danneggiamento di proprietà, violenza contro le forze dell’ordine e altri reati connessi alle proteste. Diverse organizzazioni per i diritti umani hanno sollevato preoccupazioni per presunte violazioni dei diritti umani durante e dopo il vertice e sono stati avviati procedimenti giudiziari contro i manifestanti arrestati e contro alcuni agenti di polizia accusati di abuso di potere. Diverse organizzazioni per i diritti umani hanno sollevato preoccupazioni per presunte violazioni dei diritti umani durante e dopo il vertice.
PARAGRAFO II: L’importanza delle Ong
Gli enti non governativi (Ong) sono organizzazioni indipendenti dalla sfera governativa che collaborano a livello nazionale o internazionale per scopi umanitari, sociali, ambientali, culturali o di sviluppo. Le Ong possono spesso lavorano per colmare lacune nei servizi pubblici o per rispondere a esigenze specifiche della società che potrebbero non essere completamente affrontate dal governo.
Dal punto di vista strutturale le Ong sono registrate e operano su base continuativa:possono avere personale retribuito, uffici stabili e strutture organizzative formali. Queste organizzazioni spesso cercano finanziamenti da una varietà di fonti, tra cui governi, fondazioni, donatori individuali e organizzazioni internazionali. Gli attivisti possono operare in modo più informale, come individui o gruppi di volontari. Le Ong sono spesso soggette a requisiti di responsabilità e trasparenza più rigorosi, inclusi obblighi di reporting finanziario e di impatto. Infine, le Ong hanno accesso a una vasta gamma di fonti di finanziamento, compresi finanziamenti governativi, donazioni da organizzazioni filantropiche, contributi da aziende e donazioni individuali. Possono anche applicare per sovvenzioni e contratti per progetti specifici; mentre le ONG hanno accesso a una vasta gamma di fonti di finanziamento, compresi finanziamenti governativi, donazioni da organizzazioni filantropiche, contributi da aziende e donazioni individuali. Possono anche applicare per sovvenzioni e contratti per progetti specifici.
Come gli attivisti anche le Ong svolgono un ruolo fondamentale nella lotta alla crisi climatica, mobilitando la società civile e incanalando risorse per l’azione climatica e per influenzare le decisioni politiche. Infatti le Ong hanno diverse funzioni all’interno della lotta contro la crisi climatica: spesso svolgono ricerche indipendenti sul cambiamento climatico, contribuendo ad informare il pubblico e i responsabili delle decisioni sui dati scientifici e sugli impatti del cambiamento climatico. Le ONG spesso mobilitano attivisti e sostenitori per partecipare a proteste, eventi e campagne volte a mettere pressione sui responsabili delle decisioni e a promuovere l’azione climatica.
Inoltre,a volte, essendo il clima e la sua tutela il focus del loro intervento promuovono azioni di autoregolazione per un lavoro il più possibile ecologico. Ad esempio, l’Ong Un Ponte Per,un’associazione per la solidarietà internazionale è un’organizzazione non-governativa che si occupa di prevenzione dei conflitti armati e violenti, in particolare in Medio Oriente, si impegna anche nella riorganizzazione della propria Ong in un’ottica più ecologica. Perché fa questo? Le Ong sono realtà affermate, composte da molte persone e con molte risorse tecnologiche e non. I consumi di una Ong sono importanti e comprendono: i trasporti, le apparecchiature elettroniche, il materiale utilizzato, ecc. Si vuole quindi capire come ridurre i propri impatti e fare in modo attraverso una comunicazione positiva arrivare a delle soluzioni positive (più lavoro in smart, biciclette,educazione positiva al tema). È questo il che progetto (E)missione (IM)possibile desidera aiutare a sviluppare. Il progetto vede coinvolte 6 organizzazioni umanitarie (operanti nel settore della cooperazione allo sviluppo e per la tutela dell’ambiente e del clima) e un’università. I partner provengono dall’Italia, dalla Spagna e dal Portogallo. Si compone di formazioni, toolkit, webinar, con l’intento di allargare questa visione anche ad altre ONG e ridurre l’impatto ambientale.
PARAGRAFO III: Il silenzio degli enti istituzionali
Gli enti istituzionali che possono avere un ruolo nella lotta alla crisi climatica includono una vasta gamma di organizzazioni, agenzie governative e istituzioni internazionali. Nell’ambito istituzionale i Governi restano sicuramente gli attori principali che però si affianco di altre istituzioni come le Agenzie Ambientali (svolgono a raccolta di dati, nella valutazione delle impatti ambientali e nello sviluppo di strategie per mitigare il cambiamento climatico), Banche Multilaterali di Sviluppo (possono fornire finanziamenti e risorse per progetti di adattamento e mitigazione del cambiamento climatico nei paesi in via di sviluppo) e altre agenzie private.
Il silenzio degli enti istituzionali nella lotta alla crisi climatica è una questione complessa e dibattuta. Molti sostengono che gli enti istituzionali, compresi i governi, le agenzie ambientali e istituzioni altre pubbliche, dovrebbero svolgere un ruolo fondamentale nella risposta alla crisi climatica, data la loro capacità di influenzare le politiche, promulgare leggi e adottare misure che possono avere un impatto significativo sul cambiamento climatico. Tuttavia, a volte sembra che vi sia una mancanza di azione o di impegno sufficiente da parte di tali enti. Ciò che emerge dalla prima edizione dell’indagine sul clima BEI 2021-2022 è che «l’’86% degli italiani ritiene di essere più preoccupato per l’emergenza climatica rispetto al proprio governo». Si pensa che questa mancanza derivi da tutta una serie di problematiche che vanno dagli interessi economici, le alleanze politiche e le altre dinamiche che possono ostacolare la volontà di adottare misure audaci e immediate per affrontare il cambiamento climatico; oppure dal fatto che la mancanza di consenso tra diverse nazioni o enti istituzionali può rallentare i progressi e portare a situazioni in cui l’azione è rallentata dall’attesa che altri agiscano per primi. Più semplicemente quello che manca è consapevolezza e sinergia con gli enti non istituzionali sul campo e i centri di ricerca scientifica. C’è bisogno di individuare un modello che abbia chiari gli obiettivi da intraprendere e che miri a non sopprimere la singolarità di ogni persona o luogo. Stessi diritti non vogliono dire «diritti uguali», ma pari opportunità. Si deve adottare la giusta governance per fronteggiare gli strascichi economici dovuti ai continui disastri ambientali. Ad oggi nell’ambito della politica il termine sostenibilità è associato al binomio «sviluppo». Ed è proprio da questa associazione che si deve ripartire con obiettivi e tappe per arrivare, nel minor tempo possibile, all’azzeramento delle emissioni.
Ma a volte tutto questo resta un utopia, la mancanza di azioni concrete da cui partire per migliorare la crisi climatica è una delle critiche che più è mossa ai governi dagli attivisti di tutto il mondo. Si punta spesso a politiche a breve termine, fini solo alla propria rielezione o ignorando o sottovalutando l’urgenza e l’importanza di affrontare la crisi climatica.
La mancanza di azioni adeguate per proteggere l’ambiente e affrontare il cambiamento climatico può causare danni significativi alla salute pubblica e all’ecosistema, compromettendo la qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo e mettendo a rischio la sostenibilità futura del pianeta.
Dove ritroviamo più praticamente questo discorso? Un esempio fra tanti dove le priorità del governo non combaciano con quelle dell’ambiente e della salute, è l’industria petrolifera. Alcuni governi continuano a fornire sussidi e incentivi finanziari alle industrie dei combustibili fossili, il che può incoraggiare l’uso di queste fonti di energia e rallentare la transizione verso le energie rinnovabili.
E chi ne risente di più sono le comunità vulnerabili, tra cui popoli indigeni, comunità costiere e paesi in via di sviluppo, che subiscono le conseguenze di eventi climatici estremi e delle attività estrattive.
Esistono anche tutta una serie di problematiche legate alle “politiche green di facciata,” o “greenwashing,” si verificano quando un’azienda, un’organizzazione o un individuo afferma di adottare pratiche o politiche ambientali positive o sostenibili al fine di migliorare la propria immagine o reputazione, ma in realtà non sostiene queste affermazioni con azioni concrete o sostanziali. Questa pratica può essere fuorviante per i consumatori e il pubblico, in quanto crea l’illusione che un’entità stia contribuendo in modo significativo alla protezione dell’ambiente, quando in realtà potrebbe non farlo.
Ovviamente questa non è una situazione generale, molti governi in tutto il mondo stanno prendendo misure per migrare verso politiche “green” o sostenibili al fine di affrontare la crisi climatica e ridurre l’impatto ambientale. Fuorviante, quanto pericolosi, in questi casi restano i mezzi di comunicazione, campagne pubblicitarie che enfatizzano il lato verde di un’azienda senza menzionare i suoi impatti ambientali negativi o le sue pratiche insostenibili. Il 2020 sono stati registrati 8 casi di marchi chiamati in causa per greenwashing, mentre quest’anno 18 e si possono trovare all’ interno dell’articolo «18 brands called out for greenwashing» in 2022, realizzato da Robin Hicks per la testata Eco-Business. Ci sono stati casi in cui le Ong sono state accusate di greenwashing. Il WWF è stato criticato in passato per aver stretto partnership con aziende dell’industria dell’acqua in bottiglia, promuovendo l’acquisto di acqua in bottiglia come alternativa ecologica all’acqua del rubinetto. Questa collaborazione ha suscitato preoccupazioni sul consumo di plastica e sul suo impatto ambientale. The Nature Conservancy è stata oggetto di critiche per aver lavorato con aziende dell’industria agricola, alcune delle quali sono state accusate di pratiche agricole insostenibili e di deforestazione. Ciò ha sollevato domande sulla coerenza tra le affermazioni di conservazione dell’ambiente e le alleanze commerciali dell’ONG. È importante sottolineare che queste critiche riguardano specifiche azioni o collaborazioni di alcune ONG e non devono essere generalizzate a tutte le ONG o ai loro sforzi complessivi per la conservazione e la sostenibilità. Questi sforzi possono includere l’adozione di politiche di energia pulita, la promozione della mobilità sostenibile, l’implementazione di regolamenti ambientali più rigorosi e l’investimento in tecnologie a basse emissioni di carbonio.
Numerosi paesi in tutto il mondo stanno adottando politiche e misure concrete per migrare verso un’economia più “green” e sostenibile, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra, promuovere l’uso delle energie rinnovabili, proteggere la biodiversità e affrontare le sfide ambientali. Ad esempio la Svezia è nota per essere all’avanguardia nella transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, il Bhutan si impegna a mantenere la sua copertura forestale e adottare un approccio sostenibile allo sviluppo, misurando la sua crescita non solo in termini economici ma anche in termini di felicità nazionale lorda. Infine,la Cina, nonostante sia il più grande emettitore di gas serra al mondo, sta anche compiendo progressi verso una maggiore sostenibilità,investendo massicciamente nelle energie rinnovabili e nella mobilità elettrica.
La mancanza di trasparenza nelle decisioni relative alla costruzione di grandi opere e l’incidenza effettiva di tali progetti sul territorio possono avere profonde implicazioni per le comunità locali e il coinvolgimento dei cittadini. Quando le istituzioni governative o le aziende private non sono trasparenti nel processo decisionale riguardante grandi opere, le comunità locali possono sentirsi escluse e disinformate. Quando le persone non sono adeguatamente informatə o coinvolte nelle decisioni relative alle grandi opere, è difficile per loro esprimere le proprie preoccupazioni e interessi. Inoltre molto spesso la costruzione di queste opere può influire sul territorio, sulla sua cultura e la sua strutturazione. Per affrontare questi problemi, è fondamentale promuovere una maggiore trasparenza nelle decisioni relative alle grandi opere. Ciò può includere la divulgazione delle informazioni pertinenti, l’accesso alle valutazioni di impatto ambientale e sociale e la consultazione pubblica significativa. Inoltre, è importante che le comunità locali abbiano una voce significativa nel processo decisionale e nell’identificazione delle soluzioni che meglio soddisfano le loro esigenze e preoccupazioni. La trasparenza decisionale e il coinvolgimento dei cittadinə sono elementi essenziali per garantire che le grandi opere siano pianificate e realizzate in modo responsabile e sostenibile.
PARAGRAFO IV: La pressione per politiche efficaci
Le pressioni per politiche ambientali efficaci possono venire da diversi attori tra cui cittadinə, attivistə, organizzazioni non governative, scienziatə, imprese e governi. L’obiettivo è quello di affrontare le sfide che l’ambiente ci pone ogni giorno e promuovere pratiche sostenibili per garantire un futuro a noi e a chi verrà dopo di noi.
Come già detto in precedenza le ONG e gli attivistə sono le maggiori fonti di pressione per gli Stati nella lotta alla crisi climatica. Promuovono azioni dirette, campagne di sensibilizzazione e petizioni per chiedere politiche più rigide. Se pensiamo ad esempio a Twitter, divenuto ormai un potente mezzo di pressione politica, grazie alla velocità di diffusione dei contenuti. Attraverso i post, hashtag consente di mobilitare rapidamente attivisti e sostenitori di campagne ed eventi a protestare. Ma questo è solo uno dei milioni di mezzi di diffusione che esistono al mondo.
Tuttavia i social restano un’arma a doppio taglio, in quanto si può diffondere polarizzazione e disinformazione e quindi è sempre importante controllare la fonte da cui provengono le informazioni . Si pensi che l’anno 2022 si pensava fosse l’anno con più disastri climatici e temperature elevate, ma in realtà “Questo luglio non è stato solo più caldo di qualsiasi luglio precedente, è stato il mese più caldo mai registrato, che risale al 1880”, ha dichiarato in un comunicato stampa della NASA il dottor Gavin Schmidt, direttore del GISS.
Nonostante la situazione ambientale sia diventata sempre più urgente negli anni le azioni concretamente svolte restano troppo poche. Secondo l’EPI «l’Italia si trova al diciottesimo posto con un punteggio di 73.1, dopo Francia, Inghilterra e Germania.»
L’Environmental Performance Index (EPI) è un indice di sostenibilità della performance ambientale di un Paese. Ci permette di capire quanto e in quale ambito si sta lavorando per salvaguardare l’ambiente. È suddiviso in due macro categorie: la prima riguarda il cambiamento climatico e la seconda invece la salute ambientale in correlazione al benessere del capitale umano. Questo è chiaramente un segnale di sconfitta, che ci fa comprendere quanto le politiche ambientali non sono ancora priorità nella visione dei nostri governi e quanto si debba ancora lavorare per far sì che le cose migliorino.
PARAGRAFO V: Conclusione
La voce deə cittadinə, rappresentata dalla società civile, dalle Ong e dei singoli attivisti, emerge come un elemento cruciale nella lotta alla crisi climatica con la funzione di catalizzatore per aumentare la consapevolezza pubblica attraverso campagne di mobilitazione, proteste e svolgendo un ruolo di advocacy. La storia dell’attivismo ambientale è lunga e porta con sé una serie di lotte e problematiche differenti. Glə attivisti, in particolare la nuova generazione, si sono avvalsi degli strumenti digitali per mobilitare e sensibilizzare su questioni come la giustizia climatica e i diritti umani. Le Ong lavorano in modo strutturato e spesso agiscono su obiettivi specifici, come la protezione dell’ambiente e la difesa dei diritti umani, anche attraverso progetti concreti. Tuttavə, vi sono sfide e aspetti negativi nell’attivismo ambientale, come la risposta che i Governi e i mass media forniscono all’azione di attivisti e Ong o le pratiche di green washing che sostengono, solo apparentemente, l’ambiente. Nonostante il loro potenziale, le Ong e la società civile spesso si trovano a margine del processo decisionale politico e della formulazione delle strategie. La velocità e la ferocia che il cambiamento climatico sta avendo sul nostro pianeta evidenzia la necessità di compiere scelte mirate e sostenibili. L’obiettivo verso il quale ci si dovrebbe muovere è quello di creare politiche che mettano al centro le persone e l’ambiente, senza soffocare l’identità di nessuno. In definitiva, il coinvolgimento della società civile, delle Ong e degli attivisti è fondamentale per affrontare la crisi climatica, ma è necessario e urgente creare una sinergia tra i diversi stakeholder più o meno coinvoltə in questa lotta per superare le logiche esclusive dei processi politici.
Sara Raffaeli
PARAGRAFO VI: SITOGRAFIA
https://www.eco-business.com/news/18-brands-called-out-for-greenwashing-in-2022/
https://www.ilpost.it/2021/07/19/g8-genova-venti-anni-dopo/
https://www.italiaclima.org/clima-societa-civile-al-centro/
https://unric.org/it/wetsuweten-i-popoli-indigeni-si-rivolgono-ai-tribunali/
https://www.wired.it/attualita/ambiente/2020/04/22/earth-day-storia-giornata-terra-2020/
https://www.emissionimpossible.net/
https://www.tuttogreen.it/indici-di-sostenibilita-ambientale-lenvironmental-performance-index-epi/
https://lospiegone.com/2021/01/26/mapuche-la-resistenza-del-popolo-della-terra/
https://it.gariwo.net/giusti/ambiente-e-cambiamenti-climatici/maria-do-socorro-silva-23941.html
https://unric.org/it/agenda-2030/
https://www.donnapop.it/2023/05/23/ultima-generazione-chi-sono-chi-finanzia/