In seguito al ritiro delle truppe da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati, dall’agosto del 2021 in Afghanistan sono tornati al potere i Talebani. L’abbandono improvviso del paese ha lasciato esposti alla vendetta del nuovo governo gli afghani che avevano collaborato con gli USA e gli altri paesi impegnati nel conflitto (tra i quali il nostro); per costoro non è stata effettuata nessun’altra evacuazione dopo quelle realizzate nell’immediato.
La situazione però è grave per tutto il popolo afghano: 23 milioni di persone rischiano la fame e spesso sono costretti a scegliere tra riscaldarsi o mangiare. Alle donne e alle ragazze sono stati tolti tutti i diritti, tra i quali quello all’istruzione, e giornaliste e donne che collaborano con le ONG sono vittime di violenza, di stupri e rischiano la lapidazione.
2,7 milioni di afghani sono fuggiti all’estero, in maggioranza donne e bambini. Si sono rifugiati soprattutto in Pakistan, dove non sono però ben visti: sono in aumento, infatti, i casi di incarcerazione e respingimento, per cui anche dal Pakistan si cerca di fuggire. Ma i rifugiati afghani non possono richiedere un visto per raggiungere i paesi dove intendono chiedere asilo, nè hanno un passaporto valido. Non possono in pratica prendere un aereo per venire in Occidente e pochissimi riescono ad accedere ai corridoi umanitari organizzati da organizzazioni laiche o religiose.
Finora l’UE ha concesso solo 36 mila quote, ma nemmeno queste sono state raggiunte a causa di impedimenti burocratici. In Italia, ad esempio, in due anni sono riuscite ad arrivare solo 400 persone e il governo non intende al momento autorizzare altri arrivi.
Molte delle persone a cui è stato negato un visto hanno raggiunto, attraverso viaggi difficili e spesso a piedi, la Turchia, dove non sono ben accetti a causa della crisi economica che attanaglia il paese e delle difficoltà provocate dal recente, terribile terremoto.
Alcuni riescono ad arrivare in Grecia, ma qui sono sottoposti a violenze e vessazioni da parte della polizia locale. Addirittura, alcuni vengono messi su una barca, portati in acque turche e lasciati andare senza motore.
L’alternativa alla Grecia è la Bulgaria, per poi proseguire in Serbia. Ma qui la situazione non cambia: nel mese di febbraio, 18 afghani sono stati trovati morti all’interno di un camion nei pressi di Sofia. Nel complesso tutte le rotte balcaniche sono diventate pericolosissime: quella che passa dall'Ungheria, così come quella che passa dalla Bosnia.
Quei pochi afghani che riescono a raggiungere la frontiera italiana sono, tra i richiedenti asilo, quelli maggiormente colpiti dalle violenze delle guardie di confine e i più esposti ai respingimenti. Respingimenti che, come più volte abbiamo sottolineato, sono illegali, in quanto effettuati in base ad un accordo con la Slovenia, mai ratificato dal nostro Parlamento. La ministra degli Interni Lamorgese era stata costretta a riconoscerlo, mentre il ministro Piantedosi continua a rivendicarne la legittimità.
Ma non si respinge solo chi arriva via terra: gli afghani che hanno provato a imbarcarsi sui traghetti dalla Grecia, una volta arrivati ai porti dell’Adriatico, vengono trattenuti sulle navi e poi riportati indietro, attuando così respingimenti illegali, perché privi di provvedimento amministrativo. Gli afghani, in conclusione non sono i benvenuti.
Purtroppo, non conta niente il fatto di essere in fuga da una situazione particolarmente drammatica dal punto di vista politico ed economico, e quindi di essere in diritto di presentare una regolare richiesta di asilo.
Fonti: Il Fatto Quotidiano del 4 Marzo