Il 10 Marzo è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legge n. 20 del 2023, il cosiddetto decreto Cutro, chiamato così perché dovrebbe rappresentare la risposta governativa alla morte di oltre 90 persone, naufragate nelle acque del Mare Ionio.
Innanzitutto, non si è compresa la motivazione della decretazione di urgenza, ma neppure il senso della risposta che viene data alla strage di Steccato di Cutro, una risposta a dir poco paradossale. Con questo decreto, infatti, si restringono i diritti e le garanzie dei richiedenti asilo, mentre non si prevede nulla per prevenire che episodi simili si ripetano.
Tutte le disposizioni che limitano l'operato delle ONG vengono mantenute, così come le sanzioni contro le navi umanitarie che si sono rifiutate di obbedire all'ordine disumano di non operare più salvataggi nell'ambito della stessa missione.
L'aspetto che colpisce di più di questo decreto sono le nuove norme sulla protezione speciale.
Facciamo qualche passo indietro:
La protezione speciale nasce nel 2018 con i decreti Salvini, in sostituzione della protezione umanitaria. Prima del 2018, nel caso in cui non ci fossero gli estremi per concedere l'asilo (persecuzione politica da parte di regimi dittatoriali, situazioni di guerra), si poteva concedere la protezione umanitaria per vari motivi, come salute, età, il trovarsi, nel proprio paese, in situazioni difficili per cause esterne, ambientali o politiche; la protezione umanitaria dava diritto ad un permesso di soggiorno di due anni, dopodiché poteva essere convertita in permesso per lavoro. Grazie ad essa, la maggioranza dei richiedenti asilo riusciva a rimanere in Italia.
Con i decreti Salvini questa forma di protezione viene eliminata e viene introdotta quella speciale, che si limitava a casi molto ristretti, come lo sfruttamento lavorativo, la violenza domestica, le cure mediche, le calamità e gli atti di particolare valore civile compiuti in Italia.
In seguito, nel 2020, il decreto Lamorgese amplia nuovamente i casi in cui si può concedere la protezione speciale e stabilisce che prima di espellere un cittadino straniero, vanno considerati il suo radicamento nel territorio nazionale, i suoi legami affettivi e le sue esperienze lavorative.
Nel decreto Cutro inizialmente non si menzionava nessuna restrizione della protezione speciale, ma in seguito sono stati presentati degli emendamenti da parte di esponenti della maggioranza che si muovono appunto nella direzione di limitarla fortemente, ritornando di fatto alla protezione speciale come prevista dai decreti sicurezza del 2018.
In questi emendamenti, inoltre, sono previste norme che peggioreranno la qualità dell'accoglienza dei migranti. I nuovi richiedenti asilo saranno esclusi dal sistema Sai (l'ex Sprar), l'unico che garantisce un sistema di accoglienza dignitoso, e verranno ospitati nei Cas (Centri di accoglienza straordinari), gestiti da cooperative o dalla Croce Rossa. Il funzionamento dei Cas è stato finora molto carente, soprattutto da quando nel 2018 furono notevolmente ridotti i contributi statali.
Fanno eccezione gli afghani, arrivati attraverso programmi istituzionali (come i corridoi umanitari) e gli ucraini, che continueranno a essere accolti nel Sai: in pratica si consolida un doppio binario nel sistema di accoglienza.
Viene inoltre introdotta una procedura di esame della richiesta di protezione internazionale accelerata e dunque con molte meno garanzie per il migrante. Viene infine prevista la possibilità di trattenere il richiedente, nel periodo di analisi della domanda, sia negli hotspot che nei Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR), privando così della libertà personale i richiedenti asilo.
Dato che le strutture esistenti non sono sufficienti, grazie allo stato di emergenza dichiarato con il decreto, sarà possibile aprirne più rapidamente di nuove. Ovviamente negli hotspot o nei Cpr diventa molto difficile ricorrere ad un'assistenza legale contro un possibile rifiuto della concessione della protezione.
Le comunità migranti hanno indetto per il 28 aprile un sit-in di protesta a Roma, con la parola d’ordine Non sulla nostra pelle. Si legge nel comunicato con cui viene indetti il sit-in: «Dal 2017 in Italia sono state varate 4 riforme riguardanti l’immigrazione. A ogni nuova legge le nostre vite sono cambiate radicalmente e nessuno ha mai chiesto il nostro parere. È dal 2002, con la legge Bossi-Fini, che lo Stato ha iniziato a mettere in atto un processo di criminalizzazione delle persone straniere in Italia, introducendo il reato di clandestinità e allungando i tempi di detenzione nei Cpr. [….] Vergognoso che la risposta dello Stato a Cutro sia stata, di fatto, punire chi sulle coste italiane è arrivato vivo. Questo decreto porterà migliaia di persone all’irregolarità».
Aggiornamento: L'emendamento sulla stretta alla protezione speciale per i rifugiati – che era stato prima riformulato e poi accantonato – è stato approvato al Senato dopo una nuova modifica del testo. È stato reintrodotto il riferimento al rispetto dei trattati internazionali a cui l'Italia è obbligata e che inizialmente era stato eliminato.
Fonti: Il Manifesto del 14 e 15 aprile, Ansa.