Come abbiamo visto nell’articolo della scorsa settimana, nell’ultimo anno i migranti giunti in Italia dalla Slovenia sono stati regolarmente fermati e respinti senza dar loro la possibilità di presentare la propria domanda di asilo, contravvenendo così ad una norma del diritto internazionale.
Ben 852 persone sono state riconsegnate alle autorità slovene nei primi 9 mesi del 2020, sulla base di un accordo bilaterale di riammissione del 1996 che non è mai stato ratificato dal nostro parlamento.
Ma ora, finalmente, una sezione del tribunale di Roma ha accolto il ricorso presentato da Mahamoud, un cittadino pachistano di 27 anni, ordinando di fermare le riammissioni informali e di permettere immediatamente l’ingresso nel territorio italiano del ricorrente; il tribunale ha inoltre imposto al Ministero dell’Interno di esaminare la richiesta di asilo di Mahamoud e di pagare le spese del giudizio.
Il migrante è stato assistito dalla ASGI – Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione; in seguito alla sentenza, uno dei suoi dirigenti, Gianfranco Schiavone, ha dichiarato: «Se il governo decidesse di continuare con le riammissioni informali ci troveremmo davanti ad un atto eversivo».
Il giovane pachistano, fuggito dal proprio paese perché perseguitato a causa del suo orientamento sessuale, era arrivato, insieme ad altri migranti, nel luglio del 2020 in Italia attraverso la rotta balcanica. Nonostante tutti avessero manifestato la volontà di presentare domanda di protezione internazionale, erano stati immediatamente respinti verso la Slovenia senza alcun provvedimento scritto.
Come si sostiene nel ricorso, «Gli erano stati fatti firmare alcuni documenti in italiano, gli erano stati sequestrati i telefoni ed erano stati ammanettati. Poi sono stati caricati su un furgone e portati in una zona collinare e intimati, sotto la minaccia di bastoni, di correre dritti davanti a sé, dando il tempo della conta fino a 5. Dopo circa un chilometro erano stati fermati dagli spari della polizia slovena che li aveva arrestati e caricati su un furgone».
Dopodiché Mahamoud, insieme ai suoi compagni, rifà tutto il percorso all’indietro verso la Croazia e poi verso la Bosnia Erzegovina fino al campo di Lipa. Durante il viaggio di ritorno subisce «violenza dalle autorità slovene e torture e trattamenti inumani dalle autorità croate» (così come gli era accaduto nel viaggio di andata verso l’Italia): il tutto è documentato da una serie di fotografie che ha messo a disposizione del magistrato.
La ministra dell’Interno aveva tempo fa, in seguito ad un’interrogazione parlamentare, giustificato la pratica delle “riammissioni” in Slovenia dei migranti rintracciati a ridosso della linea di confine «anche qualora fosse stata manifestata l’intenzione di richiedere la protezione internazionale». Il tutto come applicazione dell’accordo stipulato con la Slovenia.
Ma, non essendo stata ratificato dal parlamento, tale accordo, come detto nel ricorso presentato, «non può prevedere modifiche o deroghe alle leggi vigenti in Italia o alle norme dell’Unione europea o derivanti da fonti di diritto internazionale».
Il Tribunale di Roma non ha potuto far altro che dar ragione al ricorrente, riconoscendo che il governo italiano sta violando la Costituzione e la Carta dei diritti fondamentali della Ue e che nessuna “prassi consolidata” può pregiudicare il diritto a chiedere la protezione internazionale. Secondo il Tribunale di Roma le riammissioni in Slovenia sono da ritenersi illegali per svariati motivi.
Innanzitutto avvengono senza che sia rilasciato alcun documento legalmente valido, mentre andrebbe disposto un provvedimento amministrativo motivato impugnabile innanzi all’autorità giudiziaria. Inoltre la riammissione non si può mai applicare nei confronti di un richiedente asilo senza nemmeno provvedere a raccogliere la sua domanda. Infine il ministero era in condizioni di sapere, sulla base delle risoluzioni dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati e delle denunce di numerose Ong, che la riammissione in Slovenia avrebbe comportato a sua volta il respingimento in Bosnia nonché che i migranti sarebbero stati sottoposti a trattamenti inumani.
Fonti: Repubblica del 21 gennaio; Manifesto 22 gennaio