La scorsa settimana sono accaduti eventi davvero drammatici sul fronte delle partenze di migranti dall’Africa verso l’Europa e decisioni molto gravi sono state prese dai governi europei, in primis quello italiano, rispetto agli sbarchi.
L’11 Aprile Sea Watch denunciava che ben 250 persone erano alla deriva nel Mediterraneo su 4 gommoni. Al momento in cui scriviamo (14 Aprile) due di questi barconi sono sbarcati sulle coste siciliane, mentre un altro è stato soccorso da una nave umanitaria che ha avuto l’assenso allo sbarco a Malta. Si era parlato nel giorno di Pasqua del capovolgimento di una quarta imbarcazione con la conseguente morte di tutti i passeggeri, cosa che in seguito è stata smentita. Resta però il fatto che Alarm Phone, il servizio a cui si rivolgono i migranti in difficoltà in mare, ha perso i contatti con un barcone ospitante 55 persone da cui erano arrivate già dall’11 Aprile disperate richieste di aiuto.
Nonostante la segnalazione di Alarm Phone, nessuno è ancora intervenuto per intercettare questa imbarcazione evidentemente alla deriva e tanti esseri umani sono ancora abbandonati in mare “da un’Europa che parla a vuoto di solidarietà verso le persone che soffrono”, come affermato da Sea Watch.
Qualche giorno prima 156 migranti erano stati soccorsi dalla Alan Kurdi, una nave della ONG tedesca Sea Eye. La reazione del governo italiano, così come di quello maltese, è stata nell’immediato quella di dichiarare i propri porti non sicuri a causa dell’emergenza Coronavirus.
Per fortuna una soluzione è stata alla fine trovata dal capo della Protezione civile, Angelo Borrelli e dalla ministra delle Infrastrutture e Trasporti, Paola De Micheli: i migranti non sbarcheranno in un porto italiano, ma saranno trasferiti su una nave per la quarantena e per i controlli della Croce Rossa italiana e delle autorità sanitarie locali. Anche per i migranti che stanno sbarcando e sbarcheranno in modo autonomo verrà garantita la sorveglianza sanitaria.
Nel frattempo il Ministero dell’Interno tedesco, dopo un iniziale rifiuto, ha manifestato la concreta disponibilità ad una ricollocazione di almeno una parte dei migranti salvati dalla Alan Kurdi.
Il decreto redatto in tutta fretta la scorsa settimana dai Ministri delle Infrastrutture, degli Esteri, dell’Interno e della Salute con cui si vietava l’ingresso nei porti italiani alla Alan Kurdi era stato duramente criticato da molti.
Ad esempio il professore universitario, nonché avvocato, Fulvio Vassallo Paleologo in un intervento pubblicato sul giornale on-line “Vita” ha dichiarato “Le convenzioni internazionali menzionate nel decreto [Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Convenzione di Ginevra, Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare di Montego Bay] appaiono «come un orpello estetico» perché contengono disposizioni opposte a quello che il decreto prevede.
Sono convenzioni che antepongono il diritto alla vita, il divieto di tortura e di trattamenti inumani e degradanti e il diritto di chiedere asilo in frontiera. Quindi la citazione è del tutto fuori luogo.
Tra le convenzioni citate dal decreto c’è in particolare la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare. Viene citata però soltanto una parte dell’articolo 19, quella che prevede che un paese può qualificare come offensivo il passaggio di una nave nelle proprie acque territoriali; peccato che non citi la seconda parte che prevede invece che non possa considerarsi offensivo il passaggio di una nave che abbia fatto un soccorso in acque internazionali.
“Ovviamente, considerata l’emergenza sanitaria, si devono applicare tutti i protocolli necessari del caso, ma di certo non si possono respingere le persone in mare verso un destino incerto. […]
Molto netta anche la presa di posizione del senatore De Falco (l’ufficiale della Marina divenuto famoso per aver ordinato a Schettino di rientrare a bordo della nave Concordia) in un’intervista al Manifesto dell’11 Aprile:
[…] Allorquando l’Italia afferma che a causa della pandemia i propri porti non sono sicuri, allo stesso modo potrebbero dirlo anche Malta, la Libia e tutti gli altri paesi mediterranei. […] se un simile principio potesse realmente essere affermato, non esisterebbe un posto dove mettere piede a terra per nessuno.
In questo modo le persone sarebbero messe al sicuro rispetto a un pericolo, quello sanitario, certamente ipotetico, lasciandole al contempo in una situazione di pericolo concreto di perdersi in mare senza meta. […]
È possibile interdire la navigazione in un braccio di mare territoriale, ma non si possono chiudere i porti, poiché sono luoghi e strutture in cui le navi devono sempre poter trovare rifugio. Con questi comportamenti e queste norme è come se avessimo deciso di abolire un paio di millenni di civiltà, fino a tornare allo stato di natura”.
Anche la ONG Mediterranea ha preso posizione dichiarando ” La Corte europea dei diritti dell’uomo ha spiegato che il diritto ad essere salvati è intangibile. Non si può lasciare nessuno in mezzo al mare, tanto più se parliamo di un naufrago”. E ancora “La definizione di “porto sicuro” ha a che vedere con il naufragio. Non con la possibilità di prendersi una malattia. Cioè noi diciamo a un naufrago: siccome da noi puoi prenderti un’infezione allora è meglio che anneghi in mare, o che torni nel lager. Lo capisce chiunque che non è logico. Anche perché il Covid c’è in tutto il mondo, dunque l’Italia sta dicendo che per questa gente non c’è alternativa al lager o alla morte”.
Fortunatamente alla fine è stata trovata una soluzione rispettosa nello stesso tempo del diritto di ogni essere umano ad essere soccorso e salvato e del dovere dello stato di tutelare la salute pubblica. Ma quel decreto firmato in tutta fretta lascia certamente l’amaro in bocca…