Vi proponiamo oggi un articolo di Francesco Merlo pubblicato su Repubblica l’8 Marzo che offre degli spunti di riflessione su come il Coranavirus stia mettendo in discussione gli assunti fondamentali del discorso sovranista e tanti pregiudizi consolidati nei confronti dei meridionali.
Il Paese Sottosopra del coronavirus
Il Sud che rifiuta il Nord: stavolta sindaci e governatori sono d’accordo. Si appellano non alla legge ma alla civiltà del cuore: “Restate a casa”
La Svizzera ha chiesto ai frontalieri del Canton Ticino, 70 mila lavoratori italiani pendolari, di non tornare in Lombardia e, al contrario, il Sud ha chiesto all’infinità dei suoi emigrati pendolari di restare in Lombardia. È dunque doppio il Sottosopra del coronavirus, che da un lato rovescia, pur senza rancore plebeo, la questione meridionale, e dall’altro lato smaschera l’incubo del nostro acclamato sovranismo, sino a ieri signore assoluto dei sondaggi
Il Sottosopra del coronavirus patologizza infatti quel “prima gli italiani” che in tutto il mondo sono diventati gli ultimi. Di sicuro svergogna l’ossessione dei muri e dei recinti, trasforma l’idea impossibile dell’autarchia in un incubo rovesciato, con gli italiani sequestrati, – sintomatici o asintomatici che siano – proprio come lo furono i disperati della Sea Watch di
Carola Rackete.
Ma torniamo ai fratelli “terroni” del Sud ancora “sano” che vogliono giustamente fermare il più pazzo degli “8 settembre” italiani, quello dei terroni del Nord “malato” che se la danno a gambe, non comandanti alla Schettino ma quasi tutti ragazzotti, e per lo più di buona famiglia, intontiti dal pericolo e dalla propria inadeguatezza civile dinanzi all’emergenza.
Eppure, da terrone, io capisco i carusi siciliani, calabresi, lucani, pugliesi, napoletani, abruzzesi, molisani … che in preda al panico cercano la pace nei propri paesi d’origine.
Davvero il sentimento è lo stesso degli sbandati di una guerra mondiale, ma questa volta il “tutti a casa” non è la fuga disorientata dal nemico: è il trasporto del nemico nel fragilissimo Fronte-Sud, sino ad oggi miracolosamente risparmiato. È dura dirlo ma su quei treni e su quegli aerei presi d’assalto, i nostri figli erano come tanti cavalli di Troia, comodi rifugi dei virus invasori di un mondo che, non avendo strumenti
sanitari, risorse e sistemi organizzativi, è pronto a naufragare e forse a scomparire in un’ecatombe.
Tant’è vero che persino il governatore della Puglia Michele Emiliano, che solitamente fa il Masaniello sudista con il coltello tra i denti, sembrava Quintino Sella quando, con parole di saggezza, si è appellato ai fratelli, ai figli e ai nipoti invitandoli a tornare indietro, Puglia contro Puglia: “State portando nei polmoni dei vostri fratelli e sorelle, dei vostri nonni, zii, cugini e genitori il virus che ha piegato il sistema sanitario del nord Italia … Avete preso una decisione sbagliata. Non ho purtroppo il potere di bloccarvi, ma posso ordinarvi di rimanere a casa in isolamento per 14 giorni”
E per una volta sindaci e governatori sono tutti d’accordo nel Sud che, già senza virus, è stremato. E tutti, dal pizzetto della destra per bene del siciliano Nello Musumeci alla calabrese di Forza Italia Iole Santelli, sino alla Campania degli stravaganti populisti di sinistra de Magistris e De Luca…, tutti si appellano non alla legge, ma alla civiltà del cuore, a quel sentimento che ha unito l’Italia e che per una volta è cantato al contrario: Simmo ‘e Napule paisá! ma per non tornare, per restare uguali e lontani, vicini perché divisi.
E dunque: “Scendete dai treni” e “non scappate in auto” attraverso le decine di migliaia di strade rurali della Pianura Padana e le 15 autostrade, “non cercate più gli aerei” di cui nel cielo della Lombardia non si sentono ormai i rumori. Insomma, “non tornate” in nome del terrone italiano di quel Nord e di quel Sud che fingono di combattersi ma sono in realtà intrecciati; “non tornate” in nome della Sicilia di Vittorini, direttore del Politecnico e capo
dell’Einaudi; del milanese Luchino Visconti che girò il film-capolavoro in siciliano; del mare di A Milano non fa freddo del napoletano Giuseppe Marotta; di Savinio che, greco di famiglia siciliana, meglio di tutti raccontò Milano; di Gaetana Aulenti detta Gae …
Nel sottosopra del coronavirus, il Sud che si chiude al Nord non difende solo sé stesso, ma tutta l’Italia e la sua storia. E purtroppo solo dal nostro Sud gli italiani respingono gli italiani “come fratelli” perché, come dicevamo all’inizio, nel resto del mondo li rifiutano come schiuma della terra. Dall’Austria all’India, dalla Tunisia alla Cina e all’America siamo untori portatori di miasmi. Proprio come, secondo il sovranismo di Salvini e Meloni, lo erano i nigeriani sino a un mese fa. Ora tocca a noi: infected italians.