Perché sui barconi che partono dalla Libia, carichi di persone che affrontano il rischio della morte pur di arrivare in Europa, non ci sono mai gli abitanti della Namibia o del Botswana, del Ruanda, dell’Uganda o della Sierra Leone?
Se, invece di farci assalire dal terrore del rischio dell’invasione degli Africani, ci ponessimo questa domanda, scopriremmo che dai paesi in cui convivono pacificamente gruppi etnici e religiosi diversi (come in Sierra Leone), dove c’è un’economia vivace e governi stabili e poco corrotti (come in Bostwana) e nessuna crisi idrica o ambientale (come in Rwanda) nessuno vuole andarsene.
Nessuno vuole andare via da casa propria se non ci sta male; non a caso, su 54 paesi africani, quelli coinvolti nel processo migratorio sono meno di una decina e tutti stanno attraversando profonde crisi economiche, politiche, climatiche ed umanitarie.
Uno di questi è la Nigeria, il paese più popoloso del continente africano, con i suoi 190 milioni di abitanti; qui la popolazione è giovanissima (il 40% ha meno di 14 anni) e il suo tasso annuo di crescita è del 2,6%. I Nigeriani rappresentano la nazionalità, tra quelle della zona subsahariana, più presente in Italia.
Perché emigrano?
Possiamo individuare 5 diversi profili tra i migranti nigeriani:
- giovani provenienti dalle zone rurali con scarsa o nulla formazione professionale e quindi poche possibilità di impiego in patria
- minori con situazioni familiari molto gravi da cui dolorosamente i genitori si separano pur di sottrarli alla fame e ad una vita senza prospettive
- gli abitanti della zona del delta del Niger.
Questi ultimi possono essere definiti migranti ambientali: l’estrazione di petrolio nella zona del delta ha avuto infatti effetti disastrosi sull’ecosistema e quindi sulle attività tradizionali come l’agricoltura e la pesca. Le espropriazioni forzate di terreni agricoli operate dalle compagnie petrolifere hanno ulteriormente peggiorato la situazione, aumentando la povertà.
- giovani donne vittime di tratta per la prostituzione.
E’ una storia che si ripete sempre uguale di ragazze a cui viene offerta da passeurs senza scrupoli la prospettiva di una vita migliore in Europa , magari un lavoro da colf o cameriera in un ristorante. Contraggono debiti enormi (che dovrebbero poi restituire in rate mensili con i propri stipendi) per pagarsi il trasferimento da clandestine e poi, una volta arrivate in Italia, scoprono che il lavoro tanto agognato era quello di prostituta. Impossibile sottrarsi: se ci si rifiuta, si rischia di mettere in serio pericolo la famiglia, in quanto la tratta è organizzata dalla potente mafia nigeriana.
- coloro che scappano da Boko Haram
Questo gruppo terroristico jihadista tra il 2009 e il 2017ha causato 51 mila morti, di cui 32 mila civili,e 2,5 milioni di sfollati, la maggioranza dei quali ha trovato rifugio nei paesi vicini, mentre un’infima minoranza è migrata in Europa.
Ci sono poi Paesi come la Somalia, l’Eritrea, il Gambia, il Mali, il Ciad, il Sudan e la Repubblica centroafricana da cui la gente cerca di andare via, affrontando pericolosi e costosi viaggi, prima attraverso il deserto e poi per mare, pur di scappare dagli orrori delle dittature, delle guerre civili o dell’estremismo islamico.
Esaminiamo più da vicino il caso del Mali, che è, nell’ordine, il nono paese di provenienza dei migranti giunti in Italia.
Molteplici sono qui le cause dell’emigrazione: la povertà, l’instabilità politica, il terrorismo islamico e le crisi ambientali.
Da anni il paese è infatti dilaniato da scontri interni in cui si è inserito anche il gruppo di Al Qaeda; inoltre il Mali è uno dei paesi più poveri del mondo: occupa il quintultimo posto nella classifica mondiale dello sviluppo umano e la maggior parte della popolazione vive con meno di due dollari al giorno. A tutto ciò si sono aggiunte diverse crisi ambientali, che hanno provocato un aumento della desertificazione e spinto migliaia di persone a fuggire.
La nazionalità africana che arriva di più in Italia è comunque quella tunisina.
La Tunisia viene considerato “un paese sicuro” per cui i nostri politici, di destra come di sinistra, non considerano “legittima” l’emigrazione da quel paese. Si tratterebbe di una emigrazione puramente economica per cui i tunisini non avrebbero il diritto di essere accolti.
Sì, è vero, di problemi econonomici si tratta: parliamo di una disoccupazione giovanile al 40% e di una povertà estrema nelle aree rurali, parliamo insomma di una generazione senza prospettive.
I nostri politici non riusciranno però mai convincerci di due cose:
1)che la miseria sia meno grave della guerra
2) che i giovani laureati e diplomati che non trovano lavoro nel nostro paese abbiano il diritto di andare a cercarlo altrove, mentre ai giovani tunisini, qualunque sia il loro grado di formazione, questo diritto non debba essere riconosciuto.