Abbiamo iniziato a gennaio un progetto di ricostruzione di una scuola a Satbisè, in Nepal, colpito dal terremoto del 2015. Stefano ha approfondito per noi come si è verificato il sisma, il suo impatto e, a distanza di tre anni, i risultati della ricostruzione.
“Il terremoto in Nepal di pochi anni fa è stato la più grande catastrofe naturale del Paese a seguito di un altro terremoto avvenuto nel 1934, evento sismico che provocò oltre 10.000 vittime. La zona geografica del Nepal è considerata fra i territori a più alto rischio sismico al mondo, essendo collocata tra due placche tettoniche: la placca indiana, a sud, e quella euroasiatica a nord.
Il terremoto del 2015 si è generato da una prima scossa (la più forte) di magnitudo 7,8 della scala Richter, il 25 aprile alle ore 6:11 UTC (in Italia erano le 8 di mattina); una seconda forte scossa è avvenuta poco più di mezz’ora dopo. Circa una trentina di scosse di assestamento, di varia intensità ma con una magnitudo che ha raggiunto i 6,7 gradi, si sono verificate nelle ore successive. Questa serie di scosse ha avuto un epicentro distante circa 80 km da Katmandu, la capitale del Nepal. Anche a Katmandu ci sono stati numerosi morti (centinaia di vittime) e grossi danneggiamenti di edifici, molti appartenenti al patrimonio artistico e culturale del luogo; oltre alla maggior parte dei templi del centro storico distrutta, è da ricordare la secolare torre Dharahara (riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità): già fatta crollare dal terremoto del 1934, la torre è stata in seguito riscostruita ed è andata nuovamente distrutta – quasi completamente – per le forti scosse del 25 aprile.
Un secondo terremoto è avvenuto dopo poche settimane, il 12 maggio, nella stessa area del terremoto del 25 aprile: quel giorno si sono susseguite nel giro di due ore altre potenti scosse, la prima delle quali con una magnitudo di 7,3 gradi (anche in questo caso la prima è stata la più forte), le altre con magnitudo intorno ai 5-6 gradi. Il terremoto del 12 maggio ha provocato altri gravi danni e una cinquantina di vittime in Nepal, in Cina e in India.
Anche il monte Everest ha tremato: a circa 200 km di distanza dall’epicentro del terremoto si sono generate delle valanghe che hanno ucciso oltre 10 persone; fra queste vi erano speleologi e alpinisti e alcuni di questi erano italiani. Le vittime accertate di tutto il terremoto in Nepal sono state oltre 8.600; si ritiene che le vittime effettive siano state molte di più. Il terremoto ha provocato più di 3 milioni di sfollati.
Le operazioni di soccorso nelle zone colpite dalle scosse sono cominciate in una situazione in cui anche le comunicazioni hanno subito gravi danneggiamenti; inoltre mentre si attivavano i soccorsi la terra continuava a tremare per via dell’assestamento del terreno. Rapidi comunque sono stati gli aiuti internazionali: i primi soccorritori di altri Paesi sono giunti in Nepal poche ore dopo le prime scosse. Per farsi meglio un’idea della grande catastrofe e delle sue conseguenze, è possibile visualizzare un video con visuale a 360 gradi, reperibile al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=5tasUGQ1898 .
A distanza di oltre tre anni dal terremoto, nella vasta area colpita dalle scosse si continua a ricostruire, anche grazie al sostegno della comunità internazionale che ha concesso 4,4 miliardi di dollari per la ricostruzione. Ad oggi i siti archeologici restaurati ammontano a poche decine, ma occorre ancora molto lavoro affinché l’attività turistica – principale risorsa economica del Paese – riprenda regolarmente il suo corso. È forte l’impegno della comunità locale, che è coinvolta anche direttamente nella ricostruzione degli edifici. Ancora una volta la tenacia e gli intenti di rivalsa sono i caratteri propri del popolo nepalese, che negli ultimi anni ha già dovuto affrontare le difficoltose conseguenze di una guerra civile (conclusasi poco più di 10 anni fa) che causò anch’essa migliaia di vittime.“.