La festa del contadino è molto importante per un paese a vocazione agricola come il Perù.
Il Dia del Campesino nasce come Dìa del Indio, modellata sull’Inti Raymi, la festa del solstizio d’inverno che cadeva ogni 24 giugno. Maria Chiara Evangelista, nostra nuova volontaria, ci parla della storia di questa festa.
“Nonostante la colonizzazione spagnola abbia forzato la società peruviana nel sistema del latifondo, nel cuore e nella mente dei peruviani el campesino (il contadino) non ha mai perso il suo ruolo sociale prominente, e questo perché gli Inca, i diretti progenitori degli attuali Peruviani, avevano sostanzialmente un’economia più intelligente rispetto alla nostra.
In effetti, l’immensità mastodontica dell’impero andino può essere assimilata ad una sorta di fattoria allargata: il potere derivava da Pachamama, la Madre Terra. Basti pensare che per diventare Sapa Inca (“il Solo Inca”, l’imperatore) un requisito fondamentale era la proprietà di terreni.
Più se ne avevano, più il trono era a portata di mano, ed ecco che, quando questo rimaneva vacante, molti Inca partivano con i propri eserciti per conquistarne di nuovi. È così che, dal Cuzco, il Centro, situato nella leggendaria Valle del fiume Vilcanota, l’impero si espanse aggiungendo, alla salita al trono di ogni nuovo sovrano, nuovi terreni, come pezzi di un enorme puzzle agricolo.
E fu grazie al loro sistema economico, il Tahuantisuyo, che la figura del coltivatore non ha mai assunto quello stigma sociale a cui la povertà l’ha relegata in altri tipi di economia: il Tahuantisuyo, infatti, ridistribuiva i prodotti in esubero di ciascuna comunità in modo da andare a colmare le mancanze di tutte. Questo metodo era tanto più egualitario in quanto limitava la proprietà privata in favore dell’Ayni, il contributo del singolo alla società, sicchè l’impero non ebbe mai una vera e propria classe sociale povera. Dunque, proprio grazie alle radici Inca della nazione, el campesino ha sempre goduto di prosperità economica (prima della colonizzazione) e dunque di rispetto, in Perù, tanto che il culto di Pachamama sopravvive ancora oggi, integrato nella matrice cristiana; l’afflato dell’antica civiltà si fa tanto sentire che, all’inizio, la festa era nata come Dìa del Indio, modellata sull’Inti Raymi, la festa del solstizio d’inverno che cadeva ogni 24 giugno. Poi il nome fu cambiato in “Dìa del Campesino” nel 1969, con la Reforma Agraria di Velasco, che divise i latifondi in un collage di comunità agricole autogestite, ed ebbe come effetto anche quello di restituire terre agli Incas, fino ad allora quasi esclusivamente sfruttati come braccianti, nonchè espropriati e deportati durante la colonizzazione.
La festività rende omaggio alla Madre Terra e al rapporto esclusivo del contadino con essa. Del resto, una celebrazione di questo tipo non sorprende in un paese come il Perù, la cui economia è a tutt’oggi prevalentemente basata sull’agricoltura, settore in cui è impiegato il 24% della popolazione totale (oltre 3 milioni di peruviani). Durante questa giornata i contadini presentano con orgoglio i loro prodotti, celebrati con danze e musica, e si riconnettono con le loro radici, profondamente affondate nel brullo terreno andino“.
What is done on 15 de junio in the context of Día del Campesino celebrations in Italy?
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