Ecco la testimonianza di un’altra volontaria, Adele Giannantoni, dove ripercorre con voi la sua bellissima esperienza in Perù.
Da molto tempo desideravo visitare e conoscere il continente sud americano, in particolare il Perù, poiché da sempre sono stata attratta dalla storia, dalle tradizioni e dalla cultura di questo grande paese.
Vi racconterò e cercherò di esprimere tutto ciò che ho vissuto e sentito durante questa mia avventura.
Sarò sincera, non mi è facile, a distanza di due mesi sto ancora metabolizzando tutto ciò che ho potuto conoscere e tutte le persone che ho avuto la fortuna di incontrare.
Tutti noi conosciamo a memoria le innumerevoli foto che ritraggono il sito archeologico di Machu Picchu, a volte ci sembra quasi di esserci stati di persona, per non parlare dei tipici animali dal collo lungo come i lama e gli alpaca, famosi per le loro buffe espressioni e per il morbido pelo. Inoltre, molti di noi avranno comprato il tipico cappello tradizionale delle popolazioni native, il chullo, perfetto per le temperature rigide delle Ande, oppure indossato il poncho di lana di alpaca. Delle donne invece abbiamo presenti le lunghe trecce nere e i gonnelloni pomposi. Molti, quindi, gli elementi che, quando pensiamo al Perù, ci vengono in mente. Arriva il giorno, però, in cui vorresti vivere da vicino e toccare con mano queste realtà, senza alcuno schermo che faccia da filtro.
L’associazione “El Comedor Estudiantil Giordano Liva” mi ha dato la meravigliosa opportunità di partire per il Perù regalandomi, inoltre, la possibilità di contribuire ai loro progetti come volontaria. Un percorso, a mio avviso, molto prezioso che ti permette di conoscere il mondo con occhi totalmente diversi e di accrescere notevolmente il tuo bagaglio personale.
La mia esperienza è iniziata precisamente l’11 marzo 2017 con partenza dall’aeroporto di Firenze direzione Lima. Era il mio primo viaggio intercontinentale e non sapevo assolutamente cosa aspettarmi una volta atterrata a Lima. L’idea di affrontare tutto da sola, confesso, un po’ mi spaventava. Si sa, però, che spesso le migliori esperienze vanno affrontate da soli e così è stato.
Dopo quattordici ore di viaggio finalmente arrivo a Lima. Consapevole di lasciare il freddo italiano e di ritrovarlo anche in Perù, poiché prossimo all’autunno, mi ero armata di vestiti invernali, ignara che la temperatura della costa peruviana fosse completamente differente da quella delle Ande. Infatti, una volta uscita dall’aeroporto, fui investita da un terribile caldo: il mio primo approccio con la terra peruviana che, seppur molto caliente, non mi ha scoraggiata.
Presi il taxi per raggiungere Karina, una ragazza di Lima alla quale avevo chiesto ospitalità per la prima notte. Stanchissima dal viaggio e scombussolata dal fuso orario (sei ore indietro rispetto all’Italia), purtroppo non fui di compagnia e alle dieci e mezzo caddi in un sonno profondo. La mattina seguente Karina mi preparò una buonissima colazione e, dopo avermi spiegato un po’ di cose del proprio paese, mi portò a fare una piccolissima visita della città. Dato che il suo quartiere si trovava a soli cinque minuti dal mare, ci incamminammo verso la spiaggia. Davanti a me non c’era il Mar Mediterraneo, a cui sono abituata, o l’Oceano Atlantico, ma per la prima volta mi trovai davanti all’Oceano Pacifico. Ricordo una bellissima sensazione.
Quello stesso giorno ripresi il mio viaggio: destinazione Juliaca, nel sud andino del Perù, regione di Puno. Dovevo perciò affrontare un altro lungo viaggio di almeno ventiquattro ore in autobus. Fu una mia scelta quella di non prendere l’aereo, sono convinta che uno dei modi migliori per conoscere un paese e i suoi paesaggi, tempo permettendo, sia quello di viaggiare con mezzi quali macchina o pullman. Prima di arrivare a Juliaca passai da Arequipa, città di epoca coloniale, seconda per grandezza dopo Lima. Qui, su consiglio di Padre Luis (di cui vi parlerò dopo), mi fermai per almeno due giorni presso una meravigliosa famiglia, per abituarmi gradualmente all’altitudine andina. Per contrastare il cosiddetto “mal de altura”, mi fu subito offerto del mate di coca, un infuso tipico di queste parti particolarmente efficace.
Qui incontrai anche Aurora, mia collega e compagna di volontariato. Dopo un breve tour nella bellissima Arequipa, conosciuta anche come “ città bianca”, ci dirigemmo verso Juliaca, dove avremmo iniziato la nostra esperienza di volontariato. Arrivammo lì di notte, dopo sei ore di viaggio. Ricordo soltanto un gran freddo e una piccola piazza con una rotonda, dove il pullman ci aveva lasciate. Qui ci accolsero donne con lunghe trecce nere e gonnelloni colorati che vendevano cibo a tutti i viaggiatori e passanti.
Rapidamente arrivarono Fredy e suo fratello, caricarono le nostre valige in macchina e subito ci portarono alla foresteria di Caracoto, un paesino minuscolo a dieci minuti da Juliaca, dove ci aspettava la nostra graziosissima dimora.
Finalmente poteva iniziare la nostra esperienza all’interno del progetto.
A Juliaca e a Caracoto si svolgono le attività del progetto “El Comedor Estudaintil G. L.”, consistente in una scuola primaria, una scuola d’infanzia ed una mensa. Il progetto dà la possibilità a numerosi bambini di usufruire di una buona educazione e di una corretta alimentazione che altrimenti, a causa della povertà e della totale assenza dello stato in queste zone, non sarebbero garantite. Tutto questo è reso possibile dalle numerose persone che tutti i giorni lavorano all’interno di questa grande famiglia: insegnanti, cuoche, responsabili, psicologi e, ovviamente, noi volontari.
Nel raccontare il mio viaggio ho citato due persone, Padre Luis e Fredy. Padre Luis, ammetto, è stata una delle persone alla quale mi sono maggiormente legata. Provo un grande rispetto e molta stima nei suoi confronti. Una persona meravigliosa, solare, forte e con un gran cuore. Dopo la morte di Padre Manuel, altra fantastica persona che contribuì fortemente alla realizzazione del progetto, Luis fu scelto come suo successore. Da ormai due anni si occupa e segue la gestione della scuola, introducendo cambiamenti importanti per quanto riguarda il percorso educativo dei bambini. Fredy, invece, è il giovane psicologo della scuola, anche lui un’ottima persona, umana e sensibile. Grazie a loro Aurora ed io, fin dal primo giorno, siamo state introdotte all’interno di questa grande famiglia, facendoci sentire parte di questa.
Ovviamente i protagonisti di questa storia sono loro, i bambini. Il primo giorno in cui andammo a conoscere la scuola fummo letteralmente circondate dai suoi piccolissimi alunni. Non scorderò mai i loro sorrisi e la loro gioia nel vederci la prima volta. Eravamo semplici sconosciute ai loro occhi ma, nonostante questo, ci accolsero con un affetto esplosivo.
Tutti i volontari che scelgono di affrontare questa esperienza sono liberi di decidere e di scegliere le proprie attività da poter svolgere. Io e Aurora decidemmo di intraprendere, per tutta la durata della nostra permanenza, la realizzazione di una recita teatrale. L’obiettivo era costruire, assieme a tutti i bambini, un piccolo spettacolo dal tema “I continenti del mondo”. Abbiamo optato per questa scelta perché volevamo trasmettere la bellezza che sta nella diversità delle culture e dei popoli che abitano questo mondo.
Con i più piccoli abbiamo lavorato alla scenografia, realizzando per ogni continente le bandiere dei rispettivi paesi. Con le classi più grandi, invece, abbiamo proposto i personaggi da dover interpretare e lavorato alla realizzazione dei singoli costumi.
Nessuna di noi due aveva avuto già esperienze lavorative con bambini, inizialmente temevamo di non essere all’altezza di tale compito ma siamo riuscite a realizzare questo importante percorso grazie all’aiuto degli insegnanti, degli stessi alunni, e non solo… A metà Aprile si aggiunse, infatti, un altro compagno di avventure, Gabriele, portando con sé grande gioia e tanta voglia di fare.
Con Gabriele abbiamo legato fin da subito, travolte dalla sua simpatia, e rafforzato la “famiglia” all’interno della casa. Per tutta la durata della nostra permanenza, abbiamo cercato di costruire una specie di quotidianità nella piccola Caracoto. Durante la settimana lavoravamo con i bambini a scuola, dalla mattina fino alla chiusura nel primo pomeriggio.
Terminato il lavoro tornavamo a casa oppure andavamo nella vicina Juliaca dove facevamo tappa principalmente per rinnovare le nostre cibarie. Di questa città mi piaceva particolarmente il mercato, un luogo pieno di colori, odori, qui si poteva trovare davvero tantissime varietà di frutta e verdura come le banane baby (buonissime!!), la palta ( avocado), il granturco (il più grande che io abbia mai visto), tantissimi tipi di papas ( patate), almeno venti, e i dolcissimi cuys ( porcellini d’india) che vengono venduti vivi, non per godere della loro dolce compagnia, bensì al contrario per essere cucinati e mangiati, il cuy rappresenta, infatti, un tipico piatto peruviano.
Nei fine settimana, invece, con la scuola chiusa, avevamo la possibilità di poter conoscere il Perù facendo piccole gite nelle zone limitrofe. Abbiamo avuto la fortuna di visitare il famoso lago Titikaka che si trova a soli quaranta minuti da Caracoto, oppure siti archeologici di età precolombiana, inca come Selinunte e molti paesini tipici vicinissimi a Juliaca.
Di questo paese mi hanno catturato i colori e i bellissimi contrasti, forti, accesi, il Perù è sicuramente un paese dove i colori prendono vita. Gli stessi paesaggi cambiano drasticamente da zona a zona, regalandoci spettacoli naturali, difficili da ritrovare in altre parti del mondo.
Non siamo stati molto fortunati per quanto riguarda il tempo, Marzo e Aprile rientravano nella stagione delle piogge, per cui il tempo cambiava drasticamente passando da un sole splendente a temporale con grandine. I nostri viaggi erano, quindi, legati anche alle previsioni meteo.
Il lunedì rientravamo a scuola per svolgere le attività con i nostri piccoli alunni, tutti i giorni avevamo classi differenti con cui lavorare e con tutte abbiamo stretto un bellissimo legame.
C’erano classi più calme e alcune, invece, più agitate, ma non posso dire di non aver apprezzato ogni tipo di differenza o particolarità.
Ho legato con tutti i bambini ed ognuno di loro mi ha regalato un’emozione; ma ce n’è uno in particolare il cui ricordo porterò sempre con me: Paul. Alunno di prima elementare, pieno di energia, non si fermava mai, correva, saltava, non riusciva a restare fermo per più di dieci minuti. Il giorno del nostro primo incontro indossava una maglietta di Superman, la ricreazione era appena finita, tutti gli altri bambini erano rientrati nelle rispettive aule, lui invece continuava a correre per tutto il cortile della scuola affermando di essere un supereroe. Una volta ottenuta la sua fiducia, cosa non molto semplice, mi regalò affetto e una dolcezza che difficilmente dimenticherò: i suoi superpoteri erano reali!
All’interno del nostro progetto, tutti i singoli professori sono stati preziosi. Persone meravigliose che ti trasmettono l’amore per il proprio lavoro. Ci hanno sopportato e supportato per tutta la durata delle nostre attività, aiutandoci nella gestione degli alunni e non solo. Fin dal primo giorno ci hanno accolto calorosamente all’interno della famiglia lavorativa. Mi colpì molto la loro unità, il loro reciproco affetto.
Ogni ricorrenza diventava motivo di festa, di unione.
All’interno del progetto scolastico è compreso anche il servizio mensa rivolto a tutti i bambini e dipendenti. Tutto ciò è reso possibile grazie al fantastico lavoro delle cuoche che ogni singolo giorno preparano cibi differenti seguendo un piano di alimentazione sano e davvero molto rico ( buono). Noi volontari abbiamo stretto un bel rapporto con tutte loro che oltre a essere bravissime nel proprio lavoro si caratterizzano per la loro simpatia.
Per due mesi, siamo stati coccolati e viziati da tutti loro. Abbiamo condiviso, non solo il lavoro ma anche momenti di divertimento. Mi ritengo davvero fortuna per aver condiviso la mia esperienza con queste fantastiche persone.
Lo spettacolo teatrale ha rappresentato per noi la fine delle nostre attività e la realizzazione di ciò che avevamo costruito con i bambini, inoltre ha decretato la fine del nostro percorso a Juliaca e il grande saluto finale. Infatti, fu scelta come data di attuazione il 29 Aprile, appena due giorni prima la nostra partenza. Decidemmo di far recitare i bambini durante l’ultima ora dell’orario scolastico. Appena furono tutti pronti e vestiti con i propri costumi, iniziò lo spettacolo. Uscirono, per primi, i bambini delle classi prime e seconde, tutti in fila, con le proprie bandiere sfilarono per tutto il cortile a ritmo di musica. Subito dopo uscirono anche i bambini delle classi più grandi interpretando i rispettivi personaggi con le parole del narratore.
Nonostante le difficoltà nel coordinare tutti i piccoli attori e le intemperie, siamo riusciti a realizzare il nostro obiettivo divertendoci ed emozionandoci con tutti i presenti. I bambini avevano affrontato tutto con sorrisi e gioia, divertendosi, ballando e cantando, per noi è stata una grande vittoria.
Non potevamo desiderare saluto migliore, sotto la pioggia a fine spettacolo ballammo tutti insieme. Fu davvero emozionante per me, ancora oggi a pensarci mi scende una lacrimuccia. Ero felice, orgogliosa. Sapevo di aver lasciato qualcosa di me, di aver contribuito a far apprendere o semplicemente sorridere i nostri bambini, che ci salutarono così, saltando e cantando insieme a noi. La fortuna è stata avere un ottimo compagno di avventure come Gabriele che ringrazierò sempre.
La narrazione di questa mia esperienza sta volgendo verso la fine. Sto per lasciare la ridente Caracoto per dirigermi verso Cusco. Se volete conoscere il fantastico viaggio nella terra degli Inca continuate a seguire il blog del “ El Comedor G.L” dove troverete la mia terza e ultima parte del racconto.
A presto,
Adele Giannantoni.